la maestra Lisabetta, fra burattini e poesia

Incontro al castello di Sorrivoli, patria del Festival dei grandi burattinai, Elisabetta (Lisabetta per gli amici) Zampini, veronese, una giovane maestra che unisce al lavoro didattico nella scuola la sua passione per i burattini. Fa parte infatti della compagnia Teatro Mondo Piccino di Verona che insieme a don Marco Campedelli ha ereditato la tradizione storica dei burattini di Nino Pozzo. Dopo brevi periodi come insegnante supplente nelle Medie e Superiori è finalmente approdata alla scuola elementare e ora insegna a Verona. Ha una laurea in materie letterarie a Brescia con una tesi dal titolo "l dimensione del tempo nella poesia di Vincenzo Cardarella". Vado diretto al nocciolo della questione, a mo' di intervista.
Come mai i burattini e la poesia a scuola?
Nel teatro ho coniugato la mia passione per la poesia… facendo acquistare così un corpo alla poesia. Sono interessi profondi, non é un hobby…ci si mette in gioco. Il teatro è il modo che ti aiuta a tirar fuori, è una esperienza liberante. C'è quel minimo di difesa che ti permette di osare, di dire cose che altrimenti non riusciresti mai a dire. Il teatro ha esaltato la mia formazione uscendo dalla pura formazione accademica e ho recuperato l'anima della poesia che spesso all'università si perde. Ho sempre amato la poesia. È inevitabile che leggere, scrivere, assaporare la poesia per me sia una cosa bella. Sulla poesia a scuola sono stati scritti tanti libri evidenziandone la potenzialità formativa, educativa e conoscitiva . Per me è necessario fare poesia a scuola perché sarebbe proprio un peccato privare i bambini della "bellezza". Poi, piacendo a me, ne conosco meglio i segreti, i meccanismi, possiedo un'antologia mentale, una spontanea curiosità a cercare nuove strade, a sperimentare, a rischiare. Perciò mi riesce meglio giocarci con i bambini
E' dunque prima di tutto una passione?
Cosa non di poco conto. perché ciò che appassiona coinvolge, stimola, esalta. Si incontrano così due passioni: quella personale, di adulta, e quella dei bambini, che è passione di scoperta, curiosità di leggere mondi. E la poesia è offerta di mondi. Un motivo che mi tiene legata alla scuola elementare è proprio questa curiosità che i bambini hanno. Vogliono sapere, conoscere. Tutti. Anche quelli che si considerano "svogliati". Io osservo quotidianamente degli entusiasmi, delle energie spese da parte dei bambini anche se riposte nelle direzioni più varie e diverse.
Sostieni quindi che la poesia permette di dire il mondo, la realtà, con parole e linguaggi non quotidiani, e scoprendoli ti aiutano ad uscire dallo scontato vedendo cose che non conosceresti altrimenti?
I bambini sono catturati da ciò che è poetico, da ciò che scarta quello che è normale. Il primo sistema che ho utilizzato: quando in seconda dovevo iniziare un argomento nuovo portavo una scatolina, con dentro un oggetto, un biglietto. Lasciavo questa scatolina in classe, magari durante l'intervallo. Quando i bambini la scoprivano erano incuriositi da ciò che poi sarebbe accadutoÉ era la molla della scoperta, della curiosità
Ultimamente la tua passione ha trovato un altro sentiero: le lingue regionali. Ce ne parli?
Per comprendere la complessità e la ricchezza del fenomeno linguistico, è interessante l'incontro con alcuni componimenti poetici in lingua dialettale. La lingua dialettale è prevalentemente "terrestre" o "terrena" o "terrigna" che dir si voglia. Risente dei cambi umorali del tempo e, quindi, degli animi. Perciò pare opportuno avvicinarsi a lei nelle sue sfumature stagionali.
Ad esempio?
Quest'anno, quando ormai il freddo più intenso sembrava alle spalle tanto che i bambini già scendevano in giardino per la ricreazione senza giacca, una mattina, inaspettata, è tornata la neve: Sorpresa, meraviglia, curiosità tanto più in un cielo azzurro e con il sole. Così è stata colta l'occasione e ho presentato ai bambini due poesie che parlano di neve.

NEVA
Aquè i deis che "U bufa""L'è temp da neva".
La tèra e pae una zoca svita.
Tot greis... sss...silenzi tl'aria u i è una lousa straca.
E zil cious la nota la neva la ia a vola ...la chiesca!
Tot e mond l'aspeta 'd cambie faza!
Neve
Qui dicono che "Bufa"
"E' tempo di neve". La terra sembra una zucca vuota.
Tutto grigio... sss...silenzio nell'aria c'è una luce stanca.
Il cielo chiuso la notte la neve ha voglia...cade!
Tutto il mondo aspetta di cambiare volto!
Fabio Molari

Una mattina levandoci dal sonno, senza saper niente ancora, di colpo, stupiti, aprendo la porta c'imbattemmo in lei.
Giaceva alta e pura nella sua soffice semplicità.
Giaceva sulla terra e sui tetti, sbalordendo tutti con il suo nitore, ed era realmente sontuosa, era realmente bella.
Cadde nel frastuono dell'alba, tra il rombo delle macchine e lo sbuffare dei cavalli, ma non si sciolse sotto le scarpe.
Giaceva fresca e scintillante, e tutti ne erano abbagliati.
Era lei!
Quella vera.
L'avevamo aspettata.
Era caduta.
Evghenij Evtuscenko

La poesia in dialetto romagnolo ha suscitato una grande curiosità ed aspettativa. I bambini hanno ascoltato la lettura della poesia e poi hanno sottolineato, cerchiato o colorato le parole che piacevano di più, anche senza conoscerne il significato. È un lavoro preliminare di pura emozionalità, suggestione sonora. Molti hanno sottolineato "bufa". ciò ha offerto l'interessante spunto per riflettere sul fatto che non sempre le parole sono traducibili, non sempre è possibile il passaggio da una lingua un'altra, proprio per il radicamento della lingua di partenza con il contesto in cui ha avuto origine: allora il significato nella propria lingua può, forse, essere intuito, per suggestione sonora, fonica. Nella versione in italiano, invece, è stato chiesto di sottolineare le frasi che suggerivano l'idea della neve. Si è passato quindi al piano dei significati. Sulla poesia di Evtuscenko, invece, si è fatto un lavoro più classico. Si sono individuate le parti narrative, quelle descrittive e quelle della sfera dei sentimenti. ciò per intuire gli intrecci di natura, storia e cuore che fanno la poesia. E' piaciuto il fatto di colorare le tre parti da cercare in tre colori diversi. ciò ha reso il lavoro meno meccanico e meno noioso. I bambini hanno riscritto un testo poetico o di prosa poetica sulla neve, a partire dalla loro esperienza con la possibilità di utilizzare parole o immagini delle poesie lette, anche mescolando le lingue. ciò per predisporre alla poesia intesa come gioco linguistico, incastro di suoni, ampia possibilità di espressione. È parso strano ma accolto di buon grado il permesso di utilizzare anche il dialetto. Nell'immaginario comune, infatti, il dialetto può essere usato nel contesto istituzionale, ufficiale, solo per caricare una battuta o per fare la macchietta, quando invece è comunemente usato in casa e nei contesti di gioco. Il dialetto, dunque, può essere usato anche nel mondo delle parole più pensate, meditate, artistiche: la poesia, appunto. Ecco alcuni risultati:

La neve
Gennaio, tempo di neve; il cielo è scuro come il grembiule di un bimbo. Nel mondo c'è silenzio, perché la neve sta per cadere. Nell'aria c'è una luce stanca e il vento tira forte. Tutto il mondo aspetta di cambiare volto. La neva ora giace fresca e scintillante e tutti sono abbagliati.
Lina, Chiara, Marija

Neva
La neve è soffice e vellutata e con le sue magie che sfiorano i pensieri sembra una fata. Cade per tutto il mondo e poi si ferma a fare un grande girotondo. Per tutto il paesaggio bufa e noi ci riscaldiamo davanti alla stufa.
Oscar, Matteo, Michele

La neve che scende Sta matina, quando me son alsà, ghèra na bela sorpresa che me aspetaa. Tuto endormensà guardo fora dala finestra; i me oci non i vole credar ma ghèra tuto bianco. Alora avea fiocà stanote! Che belo vedar tuto quertà da un manto bianco! Che belo guardar fora dala finestra e vedar che i petirossi e le passarete le ven sul davansal dela finestra en serca da magnar. L'è na bela sensasion. Par che tuto el mondo el se sia fermà. Non se sente gnanca en rumor, sento solo el bato del me cor. Tanto el continua a fiocar e noialtri stema a guardar le foie bele grosse che continua a cascar e le par che el mondo le voja quertar.
Leonardo

Quest'ultima poesia è stata realizzata in dialetto veronese. Non era stato richiesto. E' stato un lavoro "extra" che a casa, con la complicità della mamma, Leonardo ha deciso di fare. Ovviamente non è negativo che non sia tutto "farina del suo sacco". Anzi. Mamma e bambino che creano una poesia in una lingua dialettale. Ha anche un valore simbolico, di consegna di una storia, di una terra.



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